Psicoteraputa E.M.D.R.

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Elisa Secco Psicologa e Psicoterapeuta

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Teraputa E.M.D.R.

a San Donà di Piave (Ve) |

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Spunti di riflessione e Nuove proposte

comunicare non basta

Secondo il primo  assioma della comunicazione " È impossibile non comunicare. In qualsiasi tipo di interazione tra persone, anche il semplice guardarsi negli occhi, si sta comunicando sempre qualche cosa all'altro soggetto". (Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. in Pragmatica della comunicazione umana). E allora perché spesso si ha la percezione di non riuscire a farlo?

<<non riesco a comunicare con i miei genitori>>

<<comunicare con te è impossibile!>>

<<con il mio capo non riesco proprio a comunicare>> 


Credo si debba fare un po' d'attenzione: il comunicare non implica la comprensione di quello che diciamo, può essere un tentativo di esprimersi nel desiderio di essere successivamente compresi. Più informazioni si danno al nostro interlocutore più egli riuscirà a scorgere il significato delle nostre parole nei nostri termini. Il significato delle nostre parole tuttavia non è  sovrapponibile a quello degli altri pertanto quando parliamo con qualcuno dovremmo fare attenzione ai significati dell'altro. 

Stessa cosa vale per i silenzi.

Trascorrere del tempo  insieme può essere un vantaggio quando ci permette di creare significati condivisi grazie alle esperienze vissute e co-costruite. Capire a colpo d'occhio un nostro intimo, comprendere il suo senso  è un'aspirazione e al tempo stesso un rischio perché il pensiero implicito è sempre in agguato pronto a trovare una logica sottesa basata sui nostri costrutti.


Pensando a questo anni fa sono piombata nel dubbio di non riuscire a farmi comprendere e di non poter mai  "afferrare" qualcuno. Così mi son data da fare e  sono andata a curiosare ad incontri e convegni di tutti gli orientamenti, mi sono confrontata con vari colleghi e con le posizioni dei filosofi sulla possibilità dell'esistenza o meno di un mondo che si possa definire "vero" passando dai rassicuranti pensieri dei realisti all'idealismo più radicale. Ma nessuna posizione riusciva a convincermi, nessuna riusciva ad essere coerente fino in fondo. 

Poi ho scoperto George Kelly e guardando il mondo attraverso la lente della sua teoria la mia ricerca ha assunto finalmente senso.

Ora penso che comunicare non basti. Il desiderio di comprenderci non è un lusso ma un’ambizione che possiamo perseguire iniziando con il far attenzione ad alcune piccole cose:

La prima è di sicuro "non dare per scontato che quello che  l'altro dice abbia un'unica "vera" interpretazione, che poi, diciamocelo francamente, sarebbe la nostra! 

Un'altra grossa mano ce la da il Chiedere, Chiedere e Chiedere, in questo modo non solo eviteremo il rischio di raccontarci una storia privata in cui l'altro è totalmente assente ma, cosa ancora più sorprendente, scopriremo l'altro, il suo mondo di significati e riusciremo ad avvicinarci.

Al terzo posto del podio metterei l'essere sempre curiosi di scoprire quanti mondi possibili esistono guardando con gli occhi degli altri, questo ci permetterà di non essere sopraffatti dalle differenze,  ma di rimanerne affascinati


« Solo gli imbecilli non hanno dubbi.

Ne sei sicuro? Non ho alcun dubbio! »

aspettative deluse

martedì 12 maggio 2015

lascio la parola a George Kelly

"Di questi tempi si dice che essere se’ stessi è una buona occupazione. Essere se’ stessi è considerato salutare. Anche se per me è un po’ difficile capire come sia possibile, per qualcuno, essere qualcos’altro. Penso di capire che ciò significhi non cercare di sforzarsi di diventare diversi da quello che si è. Ciò, di fatto, mi sembra una maniera piuttosto noiosa di vivere. Sarei incline a pensare che ognuno di noi vorrebbe migliorare se decidiamo di essere qualcosa di diverso da quello che siamo. Ebbene, non sono poi tanto sicuro che tutti noi vogliamo migliorare, forse sarebbe più preciso dire che vorremmo una vita più interessante.

C’è qualcos’altro che potrebbe stare dietro a questo imperativo di essere se’ stessi, e cioè che nessuno si dovrebbe mascherare. Sospetto che sia qualcosa vicino a quello che gli psicologi intendono quando spingono le persone ad essere se’ stesse. Si presume che le persone che affrontano il mondo a viso scoperto siano più spontanee, che si esprimano più completamente, e che abbiano più opportunità di sviluppare le loro capacità se non si mascherano.

Ma questa dottrina della nudità psicologica negli affari umani, di cui tanto si parla al giorno d’oggi e che permette al sè di non truccarsi e mascherarsi, lascia assai poco all’immaginazione. Non invita certo all’avventura. Sospetto, a riguardo, che nel Giardino dell’Eden, Adamo si sarebbe deciso più in fretta di quanto effettivamente fece se Eva avesse fatto un po’ più di attenzione al suo guardaroba. Ho sentito che lo corruppe con una mela. In seguito mi dicono che si inventò qualcosa di più stimolante della foglia di fico.

Ciò che affermo è che non conta tanto ciò che l’uomo è, ma piuttosto quello che progetta di fare di se' stesso. Per fare il balzo egli deve fare qualcosa di più che scoprirsi: deve rischiare una buona percentuale di confusione. Poi, al più presto, come afferra la fugace visione di una vita diversa, deve trovare la maniera di superare il momento della minaccia paralizzante e per questo vive l’attimo in cui si chiede chi sia realmente, quello che è o quello che sta per divenire. Adamo deve aver sperimentato un momento del genere." 

George Kelly- pagg.157-8 The Language of Hypotesis- 1964